Il “credo” estetico. L’opera critica di Luigi Capuana

Era il 2 aprile del 1916 quando Achille Pellizzari, nell’Aula magna dell’Università di Catania, onorava, come egli stesso disse «un uomo che conobbe e praticò la dignità del lavoro, nel modo che ad esso e a noi più si addice: ricercando i pregi ed il caratteristico significato dell’opera sua letteraria, ma non celandone i difetti, che sono come il chiaroscuro dal quale acquista rilievo la linea essenziale dell’arte e del pensiero».

Il discorso di Achille Pellizzari delinea i tratti fondamentali della figura di critico di Luigi Capuana. Tratteggia il profilo in modo chiaro e lucido.

«Luigi Capuana ebbe intelletto singolarmente apparecchiato all’esercizio della riflessione; iniziò la sua operosità di scrittore praticando con serietà di cultura e di giudizio la critica letteraria; ed all’arte si diede, in modo preponderante, solo più tardi, quasi in età matura, con un impeto giovanile, con un così gagliardo prorompere dell’ispirazione, da sembrare quasi volesse a sé medesimo riguadagnare il tempo altrimenti speso, e in quella sua florida maturità rivivere una nuova abbondante giovinezza poetica. […]

Fu certo degli uomini più colti, a tempo suo, specialmente nel campo delle letterature moderne e contemporanee: volle conoscere direttamente le varie tendenze dell’arte e del pensiero che gli turbinavano attorno,

con una curiosità benevola, con l’insaziata voglia di estendere i limiti del suo orizzonte spirituale, senza esclusioni preconcette, senza filisteismi parrucconi. […]

Affermava il Capuana, poco più che trentenne, di amare, in arte, innanzi tutto, la vita: «Quando l’artista riesce a darmi il personaggio vivente davvero, non so chiedergli altro e lo ringrazio. Mi pare ch’egli m’abbia dato tutto quello che, doveva. Pel solo fatto di esser vivente, quel personaggio è bello, è morale; e, se opera bene e se prèdica meglio, non nuoce: torno a ringraziar l’artista del di più. E al pari del personaggio amo viva l’azione. L’azione allo stesso modo, pel solo fatto di esser vivente, è bella, è morale». […]»

«Ora Luigi Capuana ebbe tutte le qualità che occorrono all’esercizio della critica: la vivacità della fantasia, la liberale curiosità dell’opera altrui, il gusto sensibile, la cultura storica e una vasta umana esperienza della vita, infine un’acuta penetrazione dei moti spirituali, unita a una rara arguzia nel discernimento e a una grande probità dell’intelletto nel giudizio. Non lasciò un’opera critica di vasta mole, dove la materia incomposta dei fatti e delle idee fosse da lui dominata e riordinata nella ricostruzione d’un’epoca o d’una figura: forse non ebbe l’abnegazione del taciturno assiduo paziente lavoro onde nel segreto si preparano opere siffatte; ma nei molti volumi di scritti critici minori, che attestano la continuità e l’estensione delle sue fatiche letterarie, abbondano le osservazioni ingegnose, e non mancano i tentativi, spesso felici, di osservare dall’alto la fatica di uno scrittore e penetrarne, oltre la superficiale apparenza, la non visibile ragion poetica. È vero: sono saggi, indagini, visioni sparpagliate; e a riguardarle ora, nel loro insieme, fanno un po’ l’impressione d’una moltitudine che proceda oltre disordinata, talora senza una meta sicura, prossima o lontana; ma chi meglio osservi non tarda a scorgere, tra la folla, i gruppi e le file; e riconosce che l’apparente disordine ha una sua consapevole ragion d’essere, e che una mente direttrice è là, sempre vigile, con l’occhio, oltre gli ondeggiamenti e i brevi sbandamenti della turba, allo scopo che non muta. E poi, in quel tumulto esuberante d’osservazioni e di giudizi, quante lucide idee, quante riflessioni pacate ma sicure, e quanta, insomma, chiaroveggenza non pose egli, talora contraddicendo con geniale intuizione ai suoi stessi errori teorici!»

«Per me, ancor più delle non molte pagine che al Capuana dedicò il Croce nei suoi Saggi su La letteratura della nuova Italia ha valore e significazione «storica» la breve frase con la quale lo stesso Croce attestò l’efficacia esercitata sul suo spirito dallo scrittore la cui memoria oggi onoriamo: «Lettore, fin dagli anni del liceo, delle prose critiche e delle prose di arte di Luigi Capuana, ho viva per Lui la gratitudine che si serba durante la vita, quale ricordo dolcissimo, verso coloro dai quali si è imparato in giovinezza». (In Aprutium, dicembre 1915, p. 582).

Imparato in giovinezza, e non senza qualche profitto anche per gli anni di un’età più matura: a quel modo che accadde non soltanto al Croce (eccellente fra i suoi contemporanei), ma anche ad altri molti scrittori nostri e d’arte e di critica, soprattutto negli anni che corsero fra il 1880 e il 1900.»

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