La sede della Casa Museo Luigi Capuana
Il Palazzo e il Percorso Letterario Capuana uniscono idealmente i luoghi del ricordo e dell’opera di Luigi Capuana.
La casa di Luigi Capuana è il luogo dell’infanzia spensierata e della giovinezza irrequieta dello scrittore. Il museo conserva ancora oggi strutture e arredi originali, cimeli e fotografie, manoscritti e documenti autografi, oltre a nuovi punti interattivi e installazioni multimediali riguardanti le novità emerse da recenti studi biografici e sull’opera.
L'edificio
Casa Capuana, situata nelle vicinanze della principale piazza della città di Mineo, si presenta subito maestosa per la sua dimensione e per le sue connotazioni architettoniche neoclassiche siciliane, tipiche dei palazzetti nobiliari dell’Ottocento. Un’altra peculiarità dell’edificio è lo sviluppo planimetrico a forma trapezoidale, il cui vertice acuto appare, esternamente, con le sembianze di una prua di nave.
L’edificio si sviluppa su tre livelli:
- Il Piano Terra, i cui locali erano un tempo adibiti a magazzini, stalla e rimessa, caratterizzato dalle volte a botte.
- Il Primo Piano e il Secondo Piano, i cui locali originariamente erano destinati alla residenza della famiglia Capuana, sono caratterizzati da volte di tipo cosiddetto a schiaffo.
La Scala, è caratterizzata dalle volte reali a botte che sorreggono le rampe e dalle volte a crociera che sormontano i pianerottoli.
Il prospetto principale è reso maestoso dall’ingresso principale, contrassegnato da un portone imponente sormontato da un arco a tutto sesto e dall’apertura del piano superiore che si presenta di dimensioni più
ampie rispetto alle altre dello stesso piano e rifinita nella parte superiore da un elegante timpano. Il piano terra è separato dal piano nobile e dal secondo piano da un marcapiano di pietra.
da "Ricordi d'infanzia"
«Allora la nostra casa era molto diversa dalla palazzina che ora torreggia, quasi isolata, fra le casette attorno in un angolo di Mineo.
Era un aggregato di casupole di contadini, comprate in diverse occasioni con l’idea di abbatterle e poi fabbricare la palazzina attuale nello spazio da esse occupato. Di mano in mano che si presentava l’opportunità di un nuovo acquisto, una comunicazione veniva aperta nel muro intermedio, e perciò la casa presentava una strana varietà di livello. Si scendevano, si salivano scale e scalette per andare da una stanza all’altra, dove poco o niente era stato mutato.
Le mura affumicate non avevano ricevuto neppure una mano di calce; le vecchie finestre sgangherate erano rimaste al loro posto; usci provvisori, murati li al primo momento, chiudevano male, e nessuno vi badava. Di quelle mura e di ogni cosa non doveva rimanere in piedi né un sasso né una tavola; le riparazioni sarebbero state sciupate: così la pensavano i miei parenti. Bastava far dare, di tanto in tanto, una rimestatina alle tegole perché non piovesse dentro da quei tetti dalle travi tarlate e dalla incannucciata coperta d’un lieve strato di gesso.»